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La stagione sportiva in corso sta giungendo al termine e il nostro Cosenza si ritrova, come di consueto in questi anni di B, nei bassifondi della classifica a lottare, si fa per dire, per mantenere la permanenza tra i cadetti.

Un campionato questo che ci ha visto e ci vede annaspare alla ricerca disperata di una quadra del cerchio che sembra non arrivare mai tra cambi di allenatore (ben tre) ed immancabile confusione a livello societario e tecnico.

L’ambiente calcistico cosentino è pericolosamente assuefatto all’abbandono della normalità, come se, per dirne qualcuna, iniziare per tempo l’organizzazione di un campionato, avere una struttura societaria adeguata alla categoria cui si milita, vedere una squadra che gioca un discreto calcio, fossero eccezioni e non la regola.

La maggior parte dei tifosi si ritrova puntualmente partita dopo partita con l’amaro in bocca per quello che sembra lo scorrere di un film già visto: perché a Cosenza ogni stagione è un lungo penare colmo di speranze, di promesse infrante e di sensazioni negative?

Non mancano tuttavia quelli che manifestano posizioni di inguaribile ottimismo, come se alla fine la salvezza potesse materializzarsi magicamente da sé al termine del campionato, anche a seguito di vicende extra-campo.

Un simile approccio fideistico oltre a non essere di aiuto alla causa, non produce punti, impedisce di analizzare concretamente le problematiche che coinvolgono il Cosenza.

Allora la meta finale di questo lungo calvario la si può immaginare nitidamente avendo bene a mente il punto di partenza: la tenace perseveranza della proprietà del Cosenza calcio nel commettere il solito errore, non avere un progetto tecnico-sportivo di lunga gittata realmente idoneo a far progredire, a piccoli passi, il movimento calcistico cittadino.

Fatta questa imprescindibile operazione di igiene mentale (collegare il deludente rendimento sportivo al fallace impegno organizzativo), ci si può prefigurare la meta di breve periodo – tutti speriamo possa essere la salvezza del Cosenza – ma soprattutto quella di lungo periodo che, necessariamente ed a prescindere dal mantenimento della serie B, deve concretizzarsi in un cambiamento radicale del modo di gestire la Società rossoblù perché della confusione organizzativa e tecnica, davvero, non se ne può più.

di Federico Perri