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ARTICOLO VENTUNO

Quando ultimamente parliamo del Cosenza calcio, siamo addirittura costretti a citare l’articolo più importante della nostra Carta Costituzionale, l’architrave di tutte le principali libertà dell’uomo e di uno Stato democratico. Sì, a malincuore, ci sembra doveroso rileggere l’articolo 21: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».

Ognuno di noi da per scontato il fatto di poter parlare liberamente ed esprimere le proprie opinioni, senza dover nascondersi o subire censure. Libertà che è stata una conquista di non tanto tempo fa, ma che ancora in alcuni Paesi è fortemente lesa. Sembra incredibile, ma uno di questi è lo stadio di calcio della città di Cosenza, diventato ormai una sorta di campo minato, dove nessuno può esprimere ad alta voce disappunti, lamentele e critiche. Situazione ridicola e grottesca, figlia di personaggi della politica italiana prestati a legiferare, devastati da infinita superficialità. Hai voglia a leggere e impartire codici di condotta, scritti come se si stesse andando in una sala d’attesa, cercando di combattere la violenza negli stadi, ma che poi si finisce col censurare e reprimere ogni tipo di espressione, che nulla configura una violenza, una minaccia. Hai voglia a comandare gli stewards per invitare addirittura un tifoso ad abbandonare lo stadio, per aver semplicemente esternato la propria «delusione calcistica».

Il presidente Guarascio e il delegato alla sicurezza dell’impianto, evidentemente, dovrebbero tornare tra i banchi di scuola a studiare cosa vuol dire libertà di pensiero ed evitare di giocare a Risiko con i dadi truccati.

Il Direttivo di Cosenza Nel Cuore