“STATE BUONI SE POTETE”
Qualche decennio fa la cantava Branduardi, parafrasando il santo gesuita Filippo Neri. Ecco, quel post del presidente Guarascio, che dopo la vittoria contro il Parma compariva sui social a mo’ di supplica per un ritorno dei tifosi sugli spalti, mi sa di una strana e paradossale preghiera, come un’implorazione di un figlio ad un padre (e non viceversa!). Mentre il padre fa di tutto per fare capire ad un figlio che sta sbagliando, il figlio si ribella e a convenienza, nascondendo le sue continue insufficienze, esorta il padre a soprassedere, facendo credere che i problemi si risolveranno da soli.
È brutto vedere lo stadio senza tifo, semivuoto, ma il punto è, e deve essere un altro! Fin quando non si capirà che è l’ennesimo segnale, il ripetuto campanello di allarme per una situazione precaria che si trascina da anni, con un Cosenza relegato sempre nei bassifondi della classifica e neanche una retrocessione è stata risolutiva, si assisterà disarmanti ad analisi irreali, a vedere il presente come una fiammella di una candela, senza pensare che poi quella candela si consumerà e si continuerà a mettere la polvere sotto il tappeto, senza provare mai a fare qualcosa di realmente costruttivo, illudendosi, invece, di fare un palazzo, scavando la terra con le mani.
Chi ha lasciato il Cosenza da solo, in balia di se stesso, purtroppo non è il tifoso caro presidente e te l’ho detto in tutti i modi, lettere, comunicati, telefonate e cene.
Antonello Aprile